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Per Aspera Ad Veritatem n.7
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano PRODI per il secondo semestre 1996






L'attività di tutela della sicurezza interna, in una moderna concezione dell'"intelligence", deve tener conto, al tempo d'oggi, non solo dei fattori endogeni di minaccia, ma anche di quelli legati allo scenario internazionale.
La politica della sicurezza, infatti, è spesso significativamente influenzata da un complesso variegato di variabili ove ogni fenomeno di carattere politico, sociale, economico, religioso va, sia su scala nazionale che mondiale, attentamente seguito nella sua continua evoluzione.
Tutto ciò comporta un costante sforzo di rinnovamento e di adeguamento, da parte dei Servizi, che per ben operare devono essere in grado di comprendere rapidamente la realtà presente e saperne prevedere tempestivamente gli sviluppi. La specificità dell'attività "intelligence" e la sua peculiare caratteristica di riservatezza non consentono sempre che i risultati conseguiti siano percepiti dalla pubblica opinione, ed è per questo che i Servizi, e non solo in Italia, soffrono talvolta di problemi d'immagine. Si tratta di strutture specializzate che procedono quotidianamente ad un accurato lavoro di raccolta di dati, di analisi, di raffronti, di composizione di elementi tra loro eterogenei che possono ricondurre a situazioni di potenziale pericolo.
L'azione informativa, infatti, riguarda sovente fenomeni che, senza dar luogo a manifestazioni eclatanti, si sviluppano in clandestinità attraverso una serie di attività funzionali ad una vera e propria fase destabilizzante.
In questo senso, tra gli obiettivi prioritari di attenzione, si conferma, nel semestre in esame, il settore dell'eversione ideologica che, se non ha compiuto azioni di rilievo, ha tuttavia promosso una serie di iniziative finalizzate alla contrapposizione alle Istituzioni.
Mentre la sinistra extraparlamentare è apparsa tesa a sfruttare le tematiche economiche in funzione antieuropea e quelle antimilitariste in senso avverso alla NATO, il movimento anarco-insurrezionalista ha mostrato determinazione a dare contenuti violenti alla protesta antistituzionale. La destra antagonista si è riconfermata alla ricerca di interlocutori stranieri, assertori di teorie ultranazionaliste o fondamentaliste.
Nella lotta al crimine organizzato, articolato e diffuso è stato il supporto tecnico ed informativo fornito dai Servizi alle Forze di polizia. Tale collaborazione è stata finalizzata segnatamente all'individuazione di progettualità destabilizzanti e dei principali collettori di traffici, anche internazionali, di armi, droga e valuta.
A fronte, poi, di talune situazioni di minaccia che si sono particolarmente evidenziate, l'attività di "intelligence" si è dispiegata in direzione di quegli ambienti dell'integralismo islamico e dell'estremismo mediorientale che propugnano l'opzione terroristica.
Quanto all'immigrazione clandestina, i Servizi si sono impegnati soprattutto a contrastare i circuiti illegali attraverso i quali si sviluppa il fenomeno.
A conferma delle dinamiche evolutive dell'"intelligence", proiettate anche a tutela degli interessi economici nazionali, si sono andati definendo i campi di specifico intervento e, nel contempo, è proseguito il processo di specializzazione in tale comparto.
Ulteriore espressione di adeguamento alle nuove istanze di sicurezza è stata la ricerca in direzione di quei fattori di rischio per l'ambiente e l'incolumità pubblica rappresentati dalle attività illegali relative allo smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi.


a) Attività della sinistra extraparlamentare
Il settore è alla ricerca di nuovi spunti di aggregazione, sfruttando tematiche ritenute in grado di alimentare focolai di conflittualità sociale e di rilanciare istanze rivoluzionarie. La sua potenziale insidiosità ha imposto, pertanto, un'attenta vigilanza informativa nei confronti delle articolazioni più pericolose, allo scopo di acquisire indicazioni su progettualità, consistenza numerica e collegamenti a livello internazionale.
La componente più aggressiva risulta quella anarco-insurrezionalista, come già da tempo rilevato in sede di analisi congiunta da parte degli Organismi informativi e delle Forze di polizia e confermato dagli sviluppi investigativi che, in settembre, hanno portato all'arresto di numerosi militanti.
A seguito delle inchieste che hanno interessato quegli ambienti, si è sviluppata una campagna intimidatoria nei confronti degli Organi giudiziari, investigativi e del sistema carcerario, finalizzata anche a dimostrare la perdurante vitalità del settore. La circolazione di documenti contenenti istruzioni per la fabbricazione di ordigni rudimentali potrebbe preludere ad una fase di più accentuata operatività, soprattutto in concomitanza con significative scadenze processuali.
Pur in assenza di precisi riscontri, potrebbero inserirsi. in tale ambito, l'attentato dinamitardo compiuto il 5 novembre a un traliccio dell'ENEL nei pressi di Viareggio e l'azione incendiaria del 27 successivo, in Val di Susa, contro la linea ferroviaria "Alta Velocità".
Le residue frange di matrice brigatista, attraverso la diffusione di materiale propagandistico, manifestano l'intento di assumere un ruolo di indirizzo strategico, continuando a riproporre la necessità del confronto violento con le Istituzioni e a ricercare, nel contempo, legami con omologhe formazioni straniere, all'interno del cd. "Fronte Combattente Antimperialista".
Nel medesimo contesto si colloca la ripresa del flusso di documenti del carcerario, anche nei circuiti internazionali.
E' seguita e valutata con estrema attenzione, attesi i reiterati riferimenti alla strategia brigatista, l'evoluzione di talune formazioni che, nel tentativo di diffondere una "cultura eversiva" in termini più pragmatici, mostrano di privilegiare il contatto diretto con le fasce sociali più deboli - specie nelle aree industriali maggiormente interessate dalla crisi occupazionale - allo scopo di porsi quale referente per gli elementi disponibili a metodi di lotta illegali.
I restanti settori dell'extraparlamentarismo continuano ad evidenziare una sostanziale disomogeneità di programmi che ha impedito l'avvio di iniziative comuni di qualche rilievo. Nella prospettiva di innalzare il livello di scontro, permane, tuttavia, la tendenza a strumentalizzare ogni situazione di conflittualità sociale ed a ricercare spunti aggregativi, pure in ambito transnazionale, nella contestazione al progetto di unificazione europea ed alla politica di risanamento economico ad essa collegata.
Le varie componenti dell'antagonismo, specie quella anarchica, palesano crescente interesse per le tecnologie telematiche - utilizzate anche a livello internazionale - non solo per una più rapida e diffusa circolazione di notizie, ma anche per l'individuazione di strumenti di accesso fraudolento a banche dati protette.

b) Attività della destra extraparlamentare
L'azione informativa ha interessato non solo l'attività di taluni gruppi sul territorio, ma anche i loro contatti con omologhe formazioni europee e con settori del radicalismo islamico.
Accanto alle frange "spontaneiste", caratterizzate da atteggiamenti di gratuita violenza ed a quegli elementi prevalentemente inseriti nella malavita comune, si muovono gruppi che verosimilmente celano, dietro attività pseudoculturali, iniziative strumentali a progetti potenzialmente destabilizzanti.
Continuano a rivestire un ruolo propulsivo taluni circoli oltranzisti, i quali, allo scopo di ampliare l'area di consenso, fanno leva su una propaganda fortemente antioccidentale che mostra sempre maggior propensione per la causa islamica e che non ha mancato di esprimere aperta solidarietà al terrorismo mediorientale. La pubblicistica va accentuando i toni antisemiti ed antistatunitensi, nonché il tentativo di coniugare l'indirizzo filoislamico con l'ideologia nazifascista.
In tale quadro, fermo restando l'interesse per i raggruppamenti ultranazionalisti dell'Europa orientale, si vanno sempre più articolando i rapporti degli estremisti di destra più rappresentativi con ambienti dei regimi musulmani fondamentalisti, finalizzati all'acquisizione di finanziamenti ed al coordinamento di iniziative propagandistiche in Italia ed in Europa. Su questo fenomeno - suscettibile di dar luogo a forme di integrazione operativa - si è concentrata l'attenzione dell'"intelligence", nell'eventualità che esso si traduca in una minaccia più concreta alle Istituzioni.
Va evidenziato, da ultimo, il contributo informativo e tecnico fornito dal SISDe agli Organi di polizia giudiziaria, che ha portato all'arresto, in luglio, di alcuni estremisti di destra inquisiti nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di Piazza Fontana, agli sviluppi della quale anche il SISMI ha già dato concreto e significativo apporto.


a) Linee di tendenza
I Servizi occupano da tempo un ruolo basilare nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata, segnatamente in direzione di quegli ambienti che, per le loro connotazioni, assumono specifica valenza eversiva.
L'apporto dell'"intelligence" si è concretizzato in acquisizioni informative e nel supporto tecnico alle Forze di polizia, specie per quanto riguarda i profili delle organizzazioni di spicco italiane e straniere, la prevenzione di azioni di carattere destabilizzante, la ricerca dei latitanti più pericolosi ed il contrasto, a livelli elevati, ai traffici di armi e stupefacenti, al riciclaggio di capitali illegali, allo smaltimento illecito di rifiuti tossici e radioattivi, nonché all'immigrazione clandestina.
Il contesto criminale è sempre interessato da situazioni in evoluzione, concernenti il riassetto degli equilibri interni, la ricerca di nuove sfere di influenza e di alleanze, anche oltre confine.
Il crimine organizzato - impegnato a rendere più impenetrabili le articolazioni di comando ed a rinsaldare i vincoli di omertà - accanto all'opzione dello scontro aperto con lo Stato appare orientato verso una strategia caratterizzata, prevalentemente, dal diffuso ricorso all'intimidazione.
La tattica della delegittimazione della collaborazione giudiziale e la campagna minatoria nei confronti di rappresentanti dell'Ordine forense costituiscono, poi, insidiose forme di pressione nella fase processuale in corso.
Le diverse consorterie mafiose, pur a fronte di un sostanziale ridimensionamento, esprimono tuttora una forte carica eversiva, in considerazione della capacità di incidere sul tessuto sociale ed economico di alcune aree del Paese.
La scoperta di ingenti arsenali ed il disvelamento di progetti terroristici in danno di magistrati e di collaboratori di giustizia hanno costituito indiretto riscontro del livello della minaccia, che non sembra destinato ad attenuarsi finché resteranno nella latitanza elementi assai pericolosi.
L'ambiente criminale siciliano evidenzia dinamiche differenziate di sviluppo nei versanti occidentale ed orientale dell'Isola.
Nel capoluogo, a seguito della fase di indebolimento del predominio corleonese, prevale una strategia diretta a non innalzare il livello di scontro con lo Stato, per far fronte all'esigenza di rinnovamento dei quadri di vertice.
Trova credito l'ipotesi che un possibile esautoramento possa avvenire senza il ricorso ad azioni cruente, nella prospettiva di non disgregare l'organizzazione, anche se non si può escludere del tutto l'eventualità opposta.
Nella Sicilia orientale, con particolare riguardo all'area etnea, la situazione rimane caratterizzata da un'elevata conflittualità tra gruppi dotati di forte capacità offensiva.
In Calabria si sono verificate ripetute intimidazioni nei confronti delle Amministrazioni locali. I connotati di violenza e di pericolosità della 'ndrangheta, che mostra una pronunciata tendenza espansiva nelle Regioni del nord, sono confermati da indicazioni informative circa la progettazione di attentati in danno di collaboratori di giustizia e di magistrati.
In Campania, a fronte della disarticolazione dei principali clan si assiste da un lato alla diffusione della microcriminalità e, dall'altro, alla proliferazione di gruppi in conflitto per il controllo del territorio.
In Puglia, il persistere della situazione di crisi nella vicina area balcanica ha agevolato la crescita della delinquenza locale che in collegamento con altre organizzazioni criminali italiane e straniere, gestisce commerci illegali di stu-pefacenti, armi, tabacchi nonché l'immigrazione clandestina.
Per quanto riguarda la criminalità internazionale, si va consolidando, nell'Est europeo, un forte polo di attrazione verso una vasta rete di traffici illeciti che vede interagire organizzazioni locali ed italiane, in un contesto caratterizzato dal ruolo predominante della mafia russa.
Quanto alle fonti di arricchimento illecito, si registra una significativa espansione del narcotraffico, che potrebbe fornire alla criminalità ulteriori ambiti di inserimento soprattutto con il commercio delle droghe "sintetiche", il cui aumentato consumo appare favorito dai costi contenuti e dalla relativa facilità di preparazione.
Permane all'attenzione lo smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi, in relazione alle ingerenze della criminalità organizzata, interessata ad un mercato in forte crescita.
Resta di rilievo la presenza delinquenziale nella captazione indebita di provvidenze pubbliche, né si colgono indicazioni di regresso nell'esercizio delle pratiche usuraie ed estorsive.
Riveste costante interesse, per l'"Intelligence", il fenomeno del riciclaggio dei proventi illeciti, che manifesta elevate potenzialità di moltiplicazione del patrimonio mafioso e di alterazioni delle dinamiche dell'economia legale, soprattutto nelle Regioni gravate da più accentuato recesso occupazionale.
E' stata, pertanto, particolarmente intensificata la ricerca informativa verso quei settori ecologici che, più degli altri, si prestano ad infiltrazioni criminali. Tra questi, emergono l'intermediazione finanziaria e l'usura, quest'ultima praticata, sovente con l'apertura di credito a tassi insostenibile al fine di rilevare, poi, le imprese e riciclare, in tal modo, anche il denaro di provenienza illecita. L'attenzione informativa è stata rivolta, altresì, alle aziende interessate a gare di subappalto in grandi opere pubbliche, allo scopo di individuare eventuali infiltrazioni mafiose. Segnatamente il progetto "Treno Alta Velocità", per l'imponente impegno finanziario collegato, costituisce un obiettivo ambìto per le organizzazioni criminali, come dimostrano gli attentati ai danni di varie strutture cantieristiche.

b) Strategia di contrasto - azione dei Servizi
L'attività del SISDe si è indirizzata prioritariamente all'analisi delle dinamiche interne ai maggiori sodalizi criminali, per delinearne strategie attuali e future. Rilevante è stato il supporto tecnico-informativo fornito alle Forze di polizia, che si è concretizzato nell'invio di 184 segnalazioni, che hanno consentito l'arresto di 206 persone, di cui 78 per associazione mafiosa, 48 per delitti in materia di stupefacenti, 8 per detenzione illegale di armi e 72 per altri reati. Sono stati sequestrati anche notevoli quantitativi di droga, armi ed esplosivi.
Il contributo del Servizio ha consentito, inoltre, la cattura di 9 latitanti, l'esecuzione di 14 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone già detenute e la denuncia di altre 77 per reati vari.
L'attività del SISMI - volta a contrastare il crimine organizzato nelle sue proiezioni internazionali - ha riguardato prevalentemente l'acquisizione di dati informativi concernenti la criminalità economico-finanziaria e le attività illecite gestite da sodalizi italiani in concorso con settori della malavita organizzata transnazionale.
Per quanto attiene al versante economico-finanziario, sono stati oggetto di attenzione i canali del riciclaggio - orientati verso i Paesi europei, in particolare dell'Est - e operazioni bancarie sospette, alcune delle quali presumibilmente riferibili a gruppi criminali di Paesi post sovietici, nordafricani e mediorientali, collegati con organizzazioni delinquenziali italiane.
Il contributo tecnico ed informativo ha consentito l'arresto di alcuni latitanti di spicco, coinvolti nel riciclaggio e nel traffico illegale di stupefacenti.
Nel complesso, il SISMI ha inoltrato ai Ministeri interessati ed agli Organi di polizia 339 segnalazioni.


a) Immigrazione clandestina
Attesa la valenza di minaccia alla sicurezza nazionale assunta dal fenomeno, sia per la sua consistenza che per le realtà criminali ad esso connesse, verso tale settore si è dispiegata, ampia ed articolata, l'attività dei Servizi, nei rispettivi ambiti di interesse istituzionale.
Particolare impegno è stato profuso per individuare le località di partenza dei clandestini, le rotte seguite, le zone di arrivo e di smistamento sul nostro territorio.
Nel semestre, la spinta migratoria dal Maghreb verso la Sicilia si è manifestata con più evidenza, raggiungendo livelli di allarme sull'isola di Lampedusa. Il flusso più consistente, tuttavia, continua ad essere quello proveniente dall'area balcanica, specie dall'Albania, sulle cui coste convergono, per raggiungere il litorale salentino, anche gruppi di mediorientali ed asiatici. Sul piano del contrasto, l'azione svolta dal SISMI ha consentito agli Organi competenti di respingere 4799 irregolari, di cui 4209 albanesi, di arrestare 90 soggetti e sequestrare numerosi natanti ed automezzi.
Obiettivi prioritari della ricerca informativa sono stati, inoltre, soggetti ed organizzazioni a vario titolo implicati nella gestione del traffico e nelle attività collegate; l'approfondimento ha riguardato tanto cittadini italiani che stranieri e, tra questi ultimi, segnatamente nordafricani, esteuropei e cinesi.
In direzione di questo contesto si è particolarmente sviluppata l'attività del SISDe. In novembre, a Udine, una vasta operazione di polizia condotta su segnalazione del Servizio ha portato al fermo di 105 stranieri, del quali 25 sono stati tratti in arresto.
Specifico approfondimento ha richiesto, poi, il problema dell'impatto sociale della presenza degli extracomunitari che, quando versano in condizione di clandestinità, appaiono destinati prevalentemente al lavoro "nero" e ad attività delinquenziali.
La componente albanese risulta maggiormente coinvolta, sovente in collegamento con organizzazioni criminali della madrepatria. Quella malavita, grazie soprattutto al narcotraffico, si è dotata di una solida struttura, attraverso cui opera autonomamente non solo nei Balcani, ma anche nell'Europa occidentale e negli USA.
Nel nostro Paese, sono oramai accertate forme di collaborazione con la "Sacra Corona Unita"; sussiste il rischio, inoltre, che i gruppi criminali albanesi - potenziati dal flusso di connazionali e da un più radicato insediamento sul territorio - possano gradualmente assumere un ruolo concorrenziale, determinando così i presupposti per una possibile guerra di clan.
Il Governo è intenzionato a favorire in ogni modo l'integrazione degli immigrati legali, ma, nello stesso tempo, a potenziare l'azione di contrasto nei confronti di quelli clandestini, peraltro consapevole che un'adeguata politica dell'immigrazione vada affiancata da iniziative a sostegno dello sviluppo del Paesi di origine degli emigranti, interessati da un trend demografico in forte crescita e da condizioni di depressione economica.
Il costante aumento delle comunità di clandestini ai margini della società è, infatti, suscettibile di aggravare le condizioni di disagio e di alimentare malessere e risentimento, che potrebbero dar luogo a manifestazioni di intolleranza.

b) Presenza in Italia di gruppi oltranzisti stranieri
In uno scenario che vede l'integralismo islamico accentuare il proprio attivismo nei Paesi di origine e radicarsi in seno alle sempre più consistenti comunità musulmane all'estero, è stata intensificata l'azione informativa, anche sotto il profilo della collaborazione internazionale, al fine di acquisire utili elementi su strategie, modalità operative e collegamenti fra i militanti residenti nei vari Paesi. In direzione di quegli ambienti islamici in Italia più sensibili al richiamo di ideologie oltranziste, particolarmente intenso è stato l'impegno volto all'individuazione di elementi sospetti provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente.
Ha formato oggetto di prioritaria attenzione la componente algerina, in relazione al livello di aggressività raggiunto nella madrepatria ed alla solidarietà ricevuta da estremisti islamici di diverse nazionalità. Tale componente si è evidenziata per l'opera di propaganda e di proselitismo e per un sempre maggior coinvolgimento in attività illecite, talora in connessione con la criminalità. E' emersa un'articolata rete di collegamenti tra integralisti presenti in Italia e connazionali all'estero, funzionale a finalità logistiche.
Il quadro così delineato ha trovato significativo riscontro sul piano investigativo e giudiziario: ultima, in ordine di tempo, a novembre, l'operazione dì polizia denominata "Shabka", coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino, nei confronti di presunti appartenenti al "Gruppo Islamico Armato" (GIA), indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di armi e di documenti falsi.
Il complesso di tali acquisizioni, relative a sospette attività di supporto ai gruppi armati operanti nella madrepatria, ha indotto a considerare prevalente la scelta strategica di attribuire all'Italia ed ad altri Paesi europei, la funzione di retrovia logistica per il Nord Africa, circoscrivendo eventuali azioni di ritorsione ad obiettivi occidentali presenti sul territorio algerino.
Per quanto riguarda, in particolare, l'attentato alla metropolitana di Parigi del 3 dicembre, le ipotesi di un coinvolgimento diretto del nostro territorio quale "base operativa" per le attività armate in Francia - peraltro già formulate da taluni organi di stampa d'oltralpe e nazionali a seguito della campagna terroristica del '95 - non hanno, sinora, trovato concreti elementi di riscontro.
L'episodio, che ha sollecitato ogni approfondimento informativo, si è verificato nel momento in cui nel nostro Paese si registra un clima di tensione a seguito degli arresti di novembre, degli sviluppi processuali di precedenti operazioni e della detenzione in Italia di un elemento di spicco dell'integralismo algerino, di cui è stata concessa l'estradizione in Francia.
E' in atto, pertanto, la massima vigilanza affinché la situazione, già di per sé delicata, non si evolva in un contesto di più concreta minaccia, sempre possibile in presenza di elementi fanatici, portati a tradurre in azione i messaggi della propaganda oltranzista, ovvero di gruppi che vedono nel ricorso alla violenza la più efficace strategia di affermazione.
Profili di interesse mostrano anche le componenti estremiste egiziana - che, tradizionalmente attiva in Lombardia, ha significative presenze nel Centro Sud - e tunisina, nella quale convivono posizioni moderate ed intransigenti.
In relazione alle alterne vicende del processo di pace arabo-israeliano, viene attentamente seguito il rischio proveniente dalle formazioni terroristiche mediorientali, che dispongono di una struttura ramificata a livello internazionale. Del pari legata agli sviluppi di situazione delle rispettive aree di provenienza risulta la potenziale pericolosità di frange del separatismo curdo e cingalese di etnia tamil.
Mentre per le prime sussiste il rischio che elementi oltranzisti compiano azioni dimostrative contro obiettivi turchi, i tamil sembrano limitarsi ad esercitare, con metodi ai limiti della legalità, pressioni sulla propria comunità per il reperimento di fondi da destinare ai gruppi armati attivi nello Sri Lanka.
Quanto sopra evidenzia il coesistere, in varie aree geografiche, di istanze radicali che, spinte da motivazioni ora fanatico religiose ora etnico separatiste, vanno determinando un alveo comune in cui si intrecciano esigenze logistiche e ricerca di armi, documenti ed appoggi finanziari, con la disponibilità di Paesi interessati alla destabilizzazione internazionale.
In tale composita realtà, ulteriore pericolo è rappresentato dalla possibilità che si costituiscano nuclei operativi formati da elementi di diversa provenienza o che vengano effettuate azioni rispondenti a logiche costituenti il frutto di molteplici interessi e, pertanto, di difficile decifrazione.


a) Minacce alla sicurezza economica nazionale
Sono stati acquisiti elementi conoscitivi concernenti le dinamiche dei flussi di approvvigionamento dei prodotti energetici e delle materie prime di interesse strategico, la loro provenienza, il livello della diversificazione, le prospettive legate a nuove rotte di importazione. Ciò, allo scopo di individuare eventuali profili di minaccia alla sicurezza, indotti dalla condizione di dipendenza dall'estero e dal rischio di interruzioni nelle forniture in grado di incidere sul sistema produttivo.
E' proseguito il monitoraggio degli insediamenti imprenditoriali costituiti in Italia da cittadini di Paesi controindicati, per lo più soggetti ad embargo. Continua a rivestire interesse la situazione dei mercati valutari e finanziari per l'eventualità di turbative, già in passato attuate attraverso la manipolazione delle informazioni e suscettibili di innescare iniziative dannose per la nostra economia.
Per quanto attiene alle infiltrazioni nel sistema economico-finanziario, è stata rilevata la presenza di esponenti di organizzazioni criminali straniere che hanno movimentato ingenti disponibilità da e verso il nostro Paese, attraverso il circuito bancario ovvero ricorrendo alla moneta contante. Sono state, inoltre, segnalate alcune società sospettate di compiere operazioni illecite utilizzando modalità non convenzionali per effettuare trasferimenti in denaro e finanziamenti.
In vista della liberalizzazione del mercato mobiliare interno e della conseguente apertura dell'interscambio con l'estero, si registreranno nuove potenzialità di sviluppo delle contrattazioni, nelle quali potrebbero verificarsi tentativi di inserimento di capitali illeciti. In tale ambito, l'attività di "intelligence" potrà trovare ulteriori margini d'impiego, opportunamente coordinata con gli interventi degli Organismi di vigilanza.
Atteso il ruolo che i Servizi vanno assumendo a tutela degli interessi economici nazionali, sono state impartite direttive per orientare la ricerca informativa verso situazioni di concreta minaccia, sempre in stretta cooperazione con gli Organismi di vigilanza economico-finanziaria, da sviluppare attraverso protocolli per l'interscambio di dati e notizie.
Ciò, in funzione di una strategia complessiva nella quale il profilo della sicurezza concorre e si integra con gli altri versanti della politica governativa.
Nella consapevolezza che un'efficace attività informativa nel settore richiede profili di elevata specializzazione, particolare cura viene dedicata alla formazione professionale, che presuppone tempi non brevi, nonché alla ricerca di fonti d'ambiente ed al potenziamento delle strutture: aspetti, questi, che sollecitano specifica destinazione di risorse.

b) Minacce all'ecosistema
L'esigenza di adeguare l'attività informativa a nuovi fattori di minaccia sollecita ulteriore impegno, anche in direzione della questione dello smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi, ove il mancato rispetto della normativa e la presenza di interessi speculativi, specie da parte della criminalità organizzata, si traducono in pericoli per l'ambiente, la salute e l'incolumità pubblica.
L'intervento dell'"intelligence" è rivolto da un lato a cogliere le linee di tendenza del fenomeno e, dall'altro, ad acquisire notizie di interesse sui siti di stoccaggio e di smaltimento, nonché sulle modalità di trasporto, allo scopo di individuare ogni possibile segnale di rischio.
Permane all'attenzione l'eventualità che il nostro Paese possa essere interessato da traffici di materiale radioattivo di provenienza estera, che si presta ad essere facilmente occultato su convogli ferroviari o su navi porta containers.




I maggiori pericoli per la sicurezza sono rappresentati dal permanere della minaccia terroristica e dalla capillare penetrazione ideologica del fondamentalismo islamico nell'intero bacino del Mediterraneo.
Continua, inoltre, il particolare attivismo degli Organismi informativi di alcuni Paesi dell'Est europeo, del Medio Oriente e del Nord Africa. Con riferimento alle principali aree di crisi, si rileva il perdurare di notevoli fattori di rischio, che sono oggetto di particolare attenzione da parte dei Servizi, sia sotto il profilo informativo sia quello valutativo, d'intesa con gli Organismi esteri collegati e con la Nato.
Nella regione balcanica, il protrarsi di tensioni etnico-sociali rende estremamente precaria la stabilità interna di quasi tutte le Repubbliche ex Jugoslave, con ripercussioni nel settori politico-istituzionale, economico e militare.
Nell'area mediterranea, l'incremento dell'attività degli estremisti islamici costituisce una concreta minaccia per gli assetti politici locali.
Analoghe situazioni potrebbero svilupparsi in America Latina e nel Sud Est asiatico. Numerosi indizi fanno rilevare connessioni tra elementi della militanza islamica radicale ed ambienti della criminalità organizzata, specie nei settori del traffico di stupefacenti, del riciclaggio, della falsificazione di valuta e del contrabbando di armi.
In Medio Oriente, il prolungato stallo negoziale del processo di pace arabo-israeliano sta favorendo la penetrazione politico-ideologica da parte degli Stati oltranzisti nei confronti del Paesi politicamente instabili.
Nella Federazione Russa permangono fattori d'instabilità derivanti dall'incertezza sulle effettive capacità di recupero del Presidente Eltsin e dalla possibilità che la crisi cecena rafforzi le spinte indipendentiste, specie nel Caucaso. Effetti negativi sugli sviluppi della situazione russa derivano anche dalle tensioni regionali presenti in alcune Repubbliche della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) a causa della involuzione autoritaria dei rispettivi governi e della guerra civile in corso in Tagikistan.
Nel Corno d'Africa, nonostante il susseguirsi di iniziative diplomatiche, il quadro di sicurezza resta molto precario, mentre nella cosiddetta Regione dei Grandi Laghi la situazione si è ulteriormente aggravata e tra la popolazione dello Zaire si stanno diffondendo sentimenti antioccidentali per il mancato invio della Forza multinazionale.

a) Sicurezza militare
Nella ex Jugoslavia, nonostante la firma di accordi di normalizzazione delle relazioni bilaterali, culminati con il reciproco riconoscimento degli Stati nati dalla dissoluzione della Repubblica Socialista Federativa Jugoslava (RSFJ), si rileva una situazione di perdurante instabilità. Questa, oltre ad essere alimentata dalla mancata definizione dei contenziosi territoriali e dalla spartizione dell'eredità politica e dei beni della RSFJ, rischia di estendersi ulteriormente a causa della grave crisi politica innescatasi a Belgrado.
In Bosnia Erzegovina, accanto ad un sostanziale rispetto delle clausole militari previste dagli accordi di Dayton (Parigi), si rileva una generalizzata resistenza alla piena attuazione di quelle civili. Perdurano, infatti, attriti interetnici, favoriti dal rafforzamento dei partiti nazionalisti dopo le elezioni presidenziali, politiche e cantonali di settembre. Sono presenti anche rischi connessi alla crescente influenza dei fondamentalisti islamici, alla mancata consegna dei criminali di guerra e al programma internazionale di riarmo delle Forze Armate della Federazione Croato-Musulmana, percepito dai serbo-bosniaci come un tentativo di rafforzamento della parte avversa.
In Croazia, permangono divergenze con i serbo-croati in merito alla reintegrazione delle regioni orientali sotto la sovranità di Zagabria. Inoltre, le precarie condizioni di salute del Presidente Tudjman rischiano di alimentare la lotta politica all'interno del partito di governo, nel quale un eventuale rafforzamento dell'ala radicale potrebbe comportare una revisione dell'atteggiamento sui contenziosi in atto, ivi compreso quello sulla penisola di Prevlaka, il cui controllo riveste prioritaria rilevanza strategica per i serbo-montenegrini.
Nella Repubblica Federale Jugoslava, le imponenti manifestazioni di protesta, dopo l'annullamento delle elezioni amministrative in importanti città della Serbia, continuano ad essere alimentate anche dalla precaria congiuntura economica. Si registrano, inoltre, mire autonomistiche nel Montenegro e nella provincia del Kosovo, nonché crescenti segnali, anche in Vojvodina, di opposizione alla politica accentratrice delle autorità serbo-federali.
Si valuta che l'aspirazione popolare alla completa democratizzazione del Paese non sia reprimibile a lungo, anche se la dirigenza di Belgrado non sembra disposta a cedere il potere. Ne potrebbe derivare un prolungato periodo d'instabilità politica, suscettibile di favorire il rafforzamento delle fazioni ultranazionaliste e di incidere negativamente sul processo di normalizzazione dell'intera regione balcanica.
Nella Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, la situazione interna appare ancora condizionata dalle rivendicazioni delle diverse etnie, specie albanese e serba, attorno alle quali si coagulano le frange più radicali.
In Albania si registra un allentamento delle tensioni tra le forze politiche, dopo il regolare svolgimento delle ultime elezioni amministrative. Peraltro, a causa delle condizioni economiche, tuttora critiche, permangono i rischi di nuovi flussi migratori verso Paesi limitrofi.
Nell'area nordafricana, l'estremismo islamico ha confermato la sua pericolosità soprattutto in Algeria e in Egitto, con crescenti riflessi sulla stabilità della Libia, dove il protrarsi del regime sanzionatorio e il deterioramento della situazione socio-economica potrebbero contribuire alla destabilizzazione del Paese. Ciò determinerebbe un mutamento del quadro strategico della regione, con immediate incidenze sulla sicurezza dei flussi energetici. Ulteriori rischi derivano dai programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa che continuano a rappresentare l'obiettivo prioritario di alcuni Paesi dell'area.
In Algeria, il Presidente Zeroual intende perseguire la realizzazione del progetto di rinnovamento politico-istituzionale, escludendo dal dialogo i Gruppi accusati di appoggiare gli estremisti. Dopo la modifica della legge elettorale é stata promossa la "Conferenza per la riconciliazione nazionale" intesa a sancire i principi ai quali deve conformarsi l'azione delle forze politiche (rifiuto della violenza e accettazione del pluralismo politico, nel rispetto degli elementi essenziali dell'identità araba). Il 28 novembre ha avuto luogo un referendum costituzionale che ha rafforzato i poteri presidenziali e reso illegali i partiti politici a base confessionale, i quali non potranno, pertanto, partecipare alle elezioni legislative del 1997. In tale contesto, sono prevedibili forti contrasti con le forze di opposizione e ulteriori attentati ad opera di gruppi armati, anche contro obiettivi stranieri sia all'interno del Paese sia all'estero.
L'Egitto, che svolge un ruolo di particolare rilievo per la stabilità regionale e per lo sviluppo del processo di pace arabo-israeliano, sta affrontando, con relativo successo, seri problemi di natura economico-sociale, che costituiscono un terreno fertile per la diffusione del radicalismo islamico. Nei confronti di tale fenomeno, le autorità egiziane hanno inteso operare con grande determinazione, promuovendo, da un lato, campagne repressive nei confronti dei militanti islamici, dall'altro, assumendo il controllo dei centri di culto e favorendo un'evoluzione ideologica volta a conciliare i principi tradizionali dell'Islam con le esigenze di una società più aperta. In ambito regionale, il governo ha rilanciato un'intensa attività diplomatica, anche se permangono forti tensioni con il Sudan.
In Medio Oriente, il quadro d'instabilità regionale, caratterizzato dallo stallo del processo di pace, è alimentato dalle ricorrenti crisi irachene, dai crescenti problemi interni dei Paesi arabi moderati e, soprattutto, dalle ingerenze degli Stati che nell'area sono attestati sulle posizioni più oltranziste. L'assenza di significativi progressi nelle trattative arabo-israeliane ha indotto i Paesi arabi a riesaminare il proprio atteggiamento verso Israele, rallentando la distensione seguita ai primi successi negoziali con il Governo Rabin. In campo israeliano, le scelte dell'attuale Primo Ministro continuano ad essere condizionate dagli ambienti nazionalisti e oltranzisti ebraici. Infatti, l'attuale componente maggioritaria del governo israeliano mantiene una linea politica contraria a concessioni territoriali nel confronti dei più diretti interlocutori. Il negoziato con la Siria per il ritiro israeliano dalle alture del Golan non ha fatto alcun progresso, mentre nella zona hanno avuto luogo significative esercitazioni militari di entrambi i Paesi. Crescenti movimenti di forze militari siriane si sono registrati, altresì, in territorio libanese, con il rischio di favorire le iniziative antiebraiche della guerriglia islamica locale e le prevedibili azioni di ritorsione da parte di Israele.
Particolarmente tesi rimangono i rapporti tra israeliani e palestinesi, dopo gli incidenti del 25 e 26 settembre che hanno provocato oltre 60 morti e un migliaio di feriti, a seguito della decisione israeliana di aprire l'antico passaggio nei pressi della spianata delle Moschee di Gerusalemme est. Il rinvio del ritiro delle truppe israeliane da Hebron, la ripresa degli insediamenti colonici in Cisgiordania, la richiesta di ulteriori condizioni, da parte israeliana, per ottemperare agli impegni assunti, stanno facendo sorgere nei palestinesi il timore che l'attuale governo israeliano miri, di fatto, alla revisione degli accordi stipulati. La mancanza di concreti risultati provocherebbe seri problemi per l'Autorità Palestinese, che, peraltro, deve già fare fronte alla difficile situazione economica dei territori amministrati ed alle iniziative dei settori radicali ostili al processo di pace. Considerato che le questioni più controverse del negoziato - problema di Gerusalemme e status definitivo del Territori - devono ancora essere affrontate, si ritiene molto elevato il rischio che qualche incidente possa provocare un improvviso innalzamento della tensione.
In un ambito regionale più ampio, la ripresa della conflittualità nel Kurdistan iracheno ha provocato la reazione militare statunitense che, seppur contenuta, ha determinato dissensi nell'ambito degli stessi Paesi della coalizione antirachena. Contestualmente, il governo di Baghdad è riuscito ad ottenere l'appoggio della comunità internazionale per il mantenimento dell'integrità territoriale del Paese e un'attenuazione delle sanzioni ONU ("Oil for Food"). Nonostante l'attentato di dicembre contro il figlio di Saddam Hussein, gli attuali equilibri all'interno del potere iracheno non appaiono mutati, anche se la dissidenza di fede sciita sembra ora in grado di sviluppare una più incisiva attività antiregime.
Un ulteriore fattore di tensione deriva dalla politica di Teheran, ritenuta da molti osservatori una minaccia alla sicurezza internazionale. Tali timori sono stati alla base del disegno di legge, approvato dalla Camera del Rappresentanti USA, che prevede l'applicazione di sanzioni economiche nei confronti di ditte che intrattengono rapporti economici con l'Iran. Nel medio periodo, è prevedibile che si acuisca la crisi nel rapporti tra i due Paesi.
Nella Federazione russa la situazione appare caratterizzata da notevole incertezza, connessa ai contrasti esistenti all'interno della dirigenza politica e alle precarie condizioni economiche che hanno inasprito il clima sociale, alimentando tensioni nelle classi lavoratrici e, in misura crescente, nei quadri militari.
La crisi cecena appare in lenta ma graduale risoluzione, dopo la firma di un'intesa che regolerà i rapporti tra Mosca e Grozny fino alle elezioni presidenziali e politiche di gennaio 1997. Particolari timori destano, tuttavia, l'attività di Gruppi armati sfuggiti al controllo delle autorità secessioniste e la possibilità che le vicende cecene rafforzino le spinte separatiste, specie nell'area del Caucaso. In tale regione, infatti, le dirigenze delle Repubbliche autonome, a connotazione monoetnica, stanno indirizzando la loro azione politica verso il conseguimento della piena indipendenza.
Mosca, inoltre, segue con particolare attenzione la crisi afghana per i possibili riflessi destabilizzanti negli Stati ex sovietici nell'Asia centrale e, soprattutto, in Tagikistan. Difatti, un'ulteriore diffusione dell'integralismo religioso tra le popolazioni musulmane dell'area potrebbe minare la tenuta dei governi locali.
Sul piano diplomatico, si evidenzia un crescente dinamismo volto a rilanciare il ruolo di potenza della Russia nel contesto internazionale. Mosca intende rafforzare l'influenza sui Paesi della regione e rivitalizzare la Comunità degli Stati Indipendenti mediante l'ampliamento delle collaborazione bilaterali, incluso il settore militare, anche per contrastare l'allargamento ad Est della Nato.
Nel Corno d'Africa sussistono notevoli fattori d'instabilità, causati dalla difficile situazione economica, dalla crescente diffusione dell'estremismo islamico e dalla conflittualità a forte connotazione tribale.
In Somalia, l'assenza di una riconosciuta autorità statale ha favorito il riarmo delle fazioni, l'inasprimento degli scontri e il deterioramento delle condizioni di sicurezza, con costante pericolo per gli operatori delle organizzazioni umanitarie. Le tradizionali resistenze dei capi dei principali movimenti ad accettare soluzioni negoziali, considerate limitative degli interessi personali e clanici, continuano ad ostacolare le iniziative di pacificazione a livello regionale ed internazionale. Tale situazione potrebbe favorire il rafforzamento del fondamentalisti islamici e l'ingerenza dei Paesi interessati a mantenere focolai d'instabilità per aumentare la propria influenza nell'area.
In Africa centrale, la cosiddetta Regione del Grandi Laghi è interessata da una persistente conflittualità interetnica, aggravata dal problema del rientro nei Paesi d'origine dei profughi ruandesi e burandesi, già rifugiatisi in Zaire; Uganda e Tanzania. In Zaire la tensione è suscettibile di ulteriore peggioramento per l'ampliamento della zona controllata dai ribelli, a cui potrebbe conseguire la disgregazione del Paese, con il coinvolgimento nel conflitto di tutta l'area centroafricana.
L'evoluzione della crisi viene seguita con particolare attenzione, per monitorare le situazioni di pericolo nelle quali potrebbero essere coinvolti connazionali appartenenti a organizzazioni umanitarie o a comunità religiose.

b) Spionaggio
Si confermano i tentativi già evidenziati nella precedente relazione semestrale, dei Servizi d'informazione di alcuni Paesi dell'Est di ampliare l'attività di ricerca nel settori delle tecnologie avanzate, dell'informatica e delle telecomunicazioni, mediante il frequente ricorso alla copertura offerta da imprese commerciali, da società finanziarie e da istituiti bancari, agevolmente utilizzabili nella ricerca illegale di informazioni sensibili.
Nel quadro dell'azione di contrasto, è stato possibile rilevare che i Servizi di un Paese dell'ex-Jugoslavia hanno aumentato significativamente la loro attività, soprattutto nel Nord Est dell'Italia, non limitandosi alla ricerca informativa di carattere politico-economico, ma ricorrendo anche ad azioni di disinformazione e di propaganda, nonché a tecniche "di disturbo" rivolte contro i nostri connazionali all'estero. E' stato evidenziato che i Servizi di un altro Paese dell'area balcanica hanno recentemente posto attenzione al nostro territorio e, in particolare, alla parte che ospita una consistente colonia di loro conterranei. L'azione è finalizzata alla ricerca e all'individuazione di fuoriusciti dissidenti che risultano già oggetto di intimidazioni suscettibili, in prospettiva, di evolvere in atti violenti.
Si è rilevato, poi, che alcuni Governi di Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa impiegano i Servizi per il controllo dei propri dissidenti e per l'acquisizione di sostanze altamente tossiche, utilizzabili anche in campo militare, o di materiali soggetti a restrizioni per l'esportazione. I Servizi di un Paese mediorientale sono costantemente impegnati a penetrare ambienti d'interesse, facendo leva anche sulla conversione religiosa per reclutare soggetti potenzialmente utili. E' risultato, inoltre, che la ricerca informativa di tali Servizi è precipuamente orientata verso i sistemi d'arma, l'attività addestrativa e la documentazione tecnico-operativa delle nostre Forze Armate.
Da ultimo, è emerso, ed è tuttora in via di approfondimento, l'impegno dei Servizi di un Paese sottoposto ad embargo, nella programmazione di azioni ritorsive, anche di tipo terroristico.
Dall'analisi dei risultati dell'attività di controspionaggio degli ultimi cinque anni, emerge che, nonostante la fine della "guerra fredda", l'attività di spionaggio svolta nei confronti dell'Italia si mantiene molto elevata. Si é assistito, in realtà, ad una continua diversificazione della copertura degli agenti informativi stranieri e all'ampliamento dei relativi campi di ricerca.
Nel complesso si è registrato un aumento delle attività d'ingerenza, penetrazione ed informazione che i nostri Servizi sono chiamati a fronteggiare, peraltro condotte con metodologie sempre più sofisticate ed insidiose. La minaccia spionistica, oltre a servirsi di tecnologie avanzate, sta progressivamente assumendo connotazioni di globalità, attraverso le interconnessioni con taluni movimenti estremisti e la criminalità organizzata transnazionale. Nel corso del semestre in esame, l'attività di contrasto ha portato all'identificazione di 87 agenti stranieri, di cui 4 attivi in Italia, nonché di un connazionale sospettato di attività spionistica a favore di un Paese straniero.

c) Terrorismo internazionale
Il terrorismo internazionale ha registrato una recrudescenza dovuta ad istanze di natura religioso-nazionalista, etnica e socio-economica, interessando principalmente un'area nel cui punto focale è situata l'Italia.
Dall'inizio degli anni 90, i gruppi terroristici islamici possono contare anche sulla crescente presenza, nelle aree di crisi, di ex-combattenti in Afghanistan che, rientrati nei Paesi di origine dopo il ritiro delle forze sovietiche, sono confluiti, in gran parte, nella militanza radicale integralista e nella criminalità.
Grazie alle elevate capacità professionali acquisite, alla forte motivazione ideologica e al consistente e diversificato sostegno finanziario di cui dispongono, i veterani islamici forniscono un prezioso contributo alle formazioni terroristiche, che operano soprattutto dove sono più forti gli squilibri socio-economici.
In Medio Oriente, segnatamente in Israele, le attività dei gruppi radicali islamici sono state contenute grazie all'azione congiunta delle forze di sicurezza palestinese ed israeliana. Si è ridotto, nel frattempo, il sostegno della popolazione palestinese ai gruppi estremisti, tenuto conto che gli attentati hanno favorito la sconfitta dei partiti politici israeliani moderati, con il conseguente rallentamento del processo di pace. L'esistenza di importanti settori islamico-palestinesi, tuttora attestati su posizioni di intransigenza, rende comunque possibile la realizzazione di iniziative terroristiche anche al di fuori di Israele.
In Europa, l'attività terroristica dei radicali islamici, che accusano Parigi di sostenere il governo del Presidente algerino Zeroual, ha avuto gravi ripercussioni in territorio francese.
In generale, si può rilevare che, finora, l'attività dei militanti islamici negli altri Paesi europei sia consistita soprattutto nel rifornimento di armi, denaro e documenti falsi da inviare alle organizzazioni nei Paesi di provenienza. L'Europa ha costituito sin qui una sorta di "retrovia logistica" alla luce di una linea strategica, secondo cui gli integralisti non avrebbero interesse a promuovere atti che, provocando la reazione delle autorità dei Paesi europei, comporterebbero una limitazione delle loro attività.
Pur tuttavia, l'arresto di esponenti di spicco dei movimenti oltranzisti islamici e la loro eventuale estradizione rientrano tra le cause che possono indurre tali movimenti ad effettuare azioni terroristiche contro i Paesi maggiormente impegnati nell'azione di contrasto.
Per quanto concerne il terrorismo di matrice etnica, è proseguita l'offensiva dell' ETA, che ha indirizzato la propria azione contro personale militare e delle Forze dell'ordine, strutture turistico-alberghiere in Andalusia e Catalogna nonché contro interessi francesi in Spagna, quale ritorsione per l'aumentata cooperazione tra gli apparati di sicurezza di Parigi e di Madrid. Nel Regno Unito, si é assistito ad una ripresa dell'attività terroristica dell'Esercito Rivoluzionario Repubblicano Irlandese (PIRA), che sembra preludere ad una "escalation" delle operazioni soprattutto contro le Forze Armate britanniche in Irlanda del Nord.
Circa l'attività del movimento curdo, in Turchia è proseguita la forte pressione militare nei confronti della guerriglia che, dal canto suo, ha reagito anche con azioni suicide. In mancanza di soluzioni politiche, è prevedibile che il Partito del Lavoratori del Kurdistan (PKK) prosegua le attività di guerriglia e le iniziative politiche in Europa, nelle quali si inquadrano, tra l'altro, i lavoratori del cosiddetto Parlamento curdo in esilio, giunto alla sua quinta sessione.
Un eclatante esempio di estremismo politico, connesso a rivendicazioni di tipo socio-economico, è costituito dal ritorno sulla scena internazionale di movimenti eversivi peruviani, uno dei quali si è reso responsabile, il 17 dicembre, a Lima, del sequestro di centinaia di persone, al fine di ottenere la scarcerazione dei militanti del movimento, detenuti anche in altri Paesi.
Si valuta che gli eventi che si stanno attualmente verificando in campo internazionale possano costituire un polo catalizzatore per le attività terroristiche di gruppi estremisti di varia matrice. In particolare, la natura transnazionale dell'estremismo islamico e la sua provata propensione alla violenza costituiscono una reale minaccia soprattutto per i Paesi occidentali. Ciò rappresenta il pericolo maggiore, anche perché i gruppi terroristici, grazie a cospicui finanziamenti, riescono a mantenere elevate le proprie capacità operative, sfruttando tempestivamente i progressi tecnologici e anticipando, a volte, le contromisure degli Organismi di sicurezza.


Evidenze informative confermano il perdurare della ricerca di mercati europei da parte di trafficanti e faccendieri di varie nazionalità, per la commercializzazione di armamenti e di materiali sensibili provenienti dai Paesi dell'Est europeo. A tale riguardo, l'attività svolta dai Servizi ha consentito l'arresto di un connazionale e di due cittadini portoghesi coinvolti in un traffico di materiale sensibile.
Per quanto concerne, più specificatamente, l'attività informativa volta ad individuare i programmi di acquisizione di materiale militare, perseguiti da Paesi "a rischio", sono state riscontrate:
- operazioni occulte poste in essere da ambienti vicini al governo di un Paese dell'ex-Jugoslavia, finalizzate al reperimento di armamenti. Le transazioni verrebbero condotte da una società di copertura, mediante triangolazioni con Paesi compiacenti.
- ricerche promosse da un Paese mediorientale nel settore degli esplosivi per acquistare tecnologie e materie prime per la loro produzione.
La costante attenzione nei confronti dei Paesi sottoposti ad embargo ONU ha permesso d'individuare, fra l'altro, le metodologie adottate da uno Stato mediorientale per reperire le merci soggette a restrizioni e i nuovi canali di approvvigionamento utilizzati da un governo africano in campo aeronautico. Società di quest'ultimo Paese avrebbero, altresì, tentato di reperire materiali ed attrezzature tecniche da destinare ai settori militare e petrolifero.
Nel campo della proliferazione delle armi chimiche, biologiche e nucleari e dei vettori ad esse associati, sono stati acquisiti importanti elementi informativi e di conferma sui programmi chimici e sui relativi siti in costruzione di un Paese nordafricano, particolarmente impegnato a reperire - anche sul territorio nazionale - precursori e materiale tecnico da destinare allo sviluppo del settore. Nei confronti del medesimo Paese sotto stati, contestualmente, accertati i risultati conseguiti in campo missilistico. Si valuta che la limitata preparazione del personale e l'inadeguatezza tecnico-scientifica delle strutture impiegate indurrà tale Stato a ricercare ancora all'estero "know-how" e tecnologie.
Prosegue intensa l'attività di ricerca informativa verso l'area balcanica per accertare l'esistenza di programmi di proliferazione e per meglio definire i rapporti di collaborazione stabiliti tra i nuovi Stati e Paesi terzi, finalizzati alla realizzazione congiunta di alcuni progetti strategici. Prioritario interesse è attribuito alla cooperazione militare che va instaurandosi fra un Paese della regione e uno Stato africano, soprattutto nel settore missilistico.
In tale campo, alcuni Paesi stanno esaminando la possibilità di modificare sistemi contraerei a lungo raggio, per impiegarli verso obiettivi terrestri, nonché di sviluppare missili da crociera, anche se di tipo non sofisticato. Si presume che, in una fase successiva, il loro interesse sarà concentrato sia sullo sviluppo di sistemi missilistici a più lunga gittata, aventi maggiore carico utile e migliore precisione, sia sull'acquisizione delle conoscenze necessarie per l'impiego di propellenti solidi, di materiali compositi e di sistemi di guida avanzati.
Nel settore chimico, a medio-lungo termine, alcuni Stati tenteranno di impadronirsi delle capacità necessarie alla produzione di aggressivi letali, recentemente sviluppati da un Paese dell'Est europeo.
Nell'ambito dell'azione di contrasto alle attività di proliferazione chimica e missilistica, sono stati forniti importanti contributi informativi in sede di riunioni internazionali del "Gruppo Australia" e del "Missile Technology Control Regime".
L'azione dei Servizi in direzione del controllo delle esportazioni italiane verso aree "a rischio" ha consentito di bloccare forniture sospette, destinate presumibilmente allo sviluppo di programmi chimici di due Paesi mediorientali, e numerose transazioni di un prodotto che potrebbe essere impiegato nel settore nucleare. In quest'ultimo settore, due Stati dell'area mediorientale potrebbero acquisire, nel medio-lungo periodo, la capacità di produrre ordigni nucleari.


(*) Trasmessa alla Presidenza il 18 gennaio 1997, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

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